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giovedì 28 marzo 2024

SORRIDENDO — il Blog di Nicola Belcari

Nicola Belcari

Ex prof. di Lettere e di Storia dell’arte, ex bibliotecario; ex giovane, ex sano come un pesce; dilettante di pittura e composizione artistica, giocatore di dama, con la passione per gli scacchi; amante della parola scritta

Piccole rivincite

di Nicola Belcari - martedì 25 aprile 2023 ore 09:00

Introduzione

Mi accingo a crearmi difficoltà con un tema impossibile da affrontare senza attirarsi una pioggia di critiche, se qualcuno per caso dovesse leggere, dovute penso alla mia incapacità di liberarsi di un punto di vista “maschile”, sempre e comunque sbagliato.
“Donne ch’avete intelletto d’amore” (Dante) è un parlare inattuale quello che rivolgo a voi, oltre tempo massimo di sette secoli; donne angelo allora, “oscuro oggetto del desiderio” (regista, sceneggiatore e autore del libro ispiratore del film) oggi.
E se ci fosse almeno in parte una qualche ragione in quel che scrisse La Bruyère? “Le donne non si piacciono le une alle altre per le medesime attrattive per cui piacciono agli uomini”.

È difficile essere donne. “Obbligate” a piacere, compiaciute di piacere, infastidite di piacere. La Bellezza per essere vera dovrebbe essere “portata” con dimenticanza, con semplicità e spontanea noncuranza.
Tra parentesi: per chi ne subisce il fascino è tormento e dannazione (Michelangelo? Dostoevskij?)?
Le donne s’impongono con l’avvenenza e la grazia. Gli uomini sono soggiogati da quella loro eleganza che somiglia a quella del gatto o attratti dal “richiamo della foresta”.
Attraversano sale, percorrono strade con la consapevolezza, a volte l’alterigia, del proprio charme, lasciando una scia di profumo; sentono su di sé gli sguardi degli uomini, sofferenti di desiderio, come la Musetta della Bohème. Atteggiano indifferenza, finta o autentica, ripagano il muto apprezzamento con il disprezzo o addirittura l’offesa di ricevere su di sé sguardi colpevoli o da mendicanti.
Lo sguardo lambisce importuno un corpo delicato, vesti fini e distinte, con un contatto sporco. Ma quale sarebbe la prova della loro avvenenza senza quel molesto contagio? Vorrebbero forse farsi ammirare soltanto da uomini fascinosi? E restare invisibili agli altri? “Paria” brutti e rozzi che spiano da un angolo buio, confusi in una presenza anonima. Subiscono il rimprovero di respirare la stessa aria da dee venusiane che guardano oltre, lontano.
Pensate che tali modi siano possibili solo per un’irresistibile ammaliatrice, una femme fatale? Tutte le donne possono essere così. Un’amica mi disse che non c’è donna che non possa essere piacente, o volendo seducente, e aveva ragione.
Nei millenni di dominio maschile il contro-potere delle donne si esprime anche con piccole rivincite, eppure significative, oltre che divertenti, mentre altre volte, per il meglio, hanno cambiato l’uomo in un animale mansueto e poi civile, amante dell’arte e dei bei costumi.
È ciò che accadde a Cimone, un soprannome che significava bestione. Giovanni Boccaccio narra la sua trasformazione da pastore selvatico a perfetto cavaliere. In un giorno di maggio egli scorse una fanciulla dormiente in un prato; si soffermò a osservarla: le vesti di lei erano leggere, da lasciar trasparire le forme. La “saetta d’amore” entro nel “rozzo petto” dell’uomo che da rustico divenne cortese. Come Martin Eden divenne uno scrittore (J. London).
Onfale, regina di Lidia, comprò per “tre lire”, un affarone, Ercole, che ne diventò schiavo e poi amante dominato: si racconta che tremasse intimorito ai suoi rimproveri, che lei minacciava di colpirlo con la pantofola; indossava la pelle di leone e lui vesti femminili da ancella. La Forza, l’undicesimo degli arcani maggiori dei tarocchi, è forse ispirato a questa vicenda: una donna sottomette un leone, come Ercole simbolo di forza, vinto da una forza superiore.
Tra leggenda e realtà si colloca la vicenda di Aristotele e Fillide. Essa rappresenta la rivincita della donna (che il filosofo riteneva inferiore all’uomo) e non stento a credere che sia vera. Aristotele precettore di Alessandro Magno mise in guardia il grande conquistatore dalla fascinazione femminile che avrebbe potuto indebolirlo. Una cortigiana, Fillide, per vendicarsi lo fece invaghire di sé al punto da imporgli di “trasformarsi” in una bestia da soma e lasciarsi cavalcare da lei con frusta e briglie. Una punizione meritata. La passione vinse il pensiero.
Persino un poeta del calibro di Virgilio fu vittima della beffa di una donna. Secondo una storia medievale, per raggiungerla aveva accettato d’infilarsi in una cesta che avrebbe dovuto essere sollevata da una fune fino alla finestra di lei. La cesta rimase a metà delle mura da superare, senza raggiungerne la meta, Una posizione davvero scomoda, a mezz’aria esposto al divertimento degli astanti lì convenuti al mattino. Un castigo severo, sproporzionato. Non c’è saggezza che tenga di fronte al desiderio di una notte di passione.
L’istinto erotico-amoroso è, per una legge di natura, incontenibile, come spiega Boccaccio nell’introduzione alla quarta giornata del Decameron con la storia di un giovane eremita, figlio di tal Filippo, e delle sue “papere”.
Venere disarmò Marte (Botticelli, Piero di Cosimo), poi, invece, la lista sarebbe lunga di coloro che, nel bene e nel male, esercitarono quel potere con maschile violenza (Salomè, Dalila, Giuditta) ma per noi ammiratori, se non seguaci, del dolce stil novo, al contrario, piace pensare che quel potere sia la vittoria della dolcezza sulla forza bruta e debba essere indirizzato a ingentilire l’animo.
Perché Ofelia non riuscì a salvare Amleto dagli insani dubbi?

Nicola Belcari

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