Il ceffone e il dono
di Blue Lama - domenica 24 marzo 2024 ore 00:05
La prima volta che sono entrata ad Auschwitz e a Birkenau mi trovavo in una situazione di privilegio. Ero arrivata in Polonia in veste di cronista sul treno speciale che, ogni due anni, viene organizzato dalla Regione Toscana per la Giornata in memoria delle vittime dell'Olocausto. Quindi ero al seguito di 500 studenti e 60 insegnanti che avrebbero visitato i campi di sterminio in compagnia di due testimoni della Shoah, Andra e Tatiana Bucci. Le due sorelle, di origine ebraica, furono deportate ad Auschwitz nell'Aprile del 1944 quando avevano 5 e 7 anni e sono sopravvissute perchè le SS le scambiarono per gemelle e avrebbero potuto tornare utili per i mostruosi esperimenti di Josef Mengele.
Quel viaggio fu di enorme arricchimento interiore. Le guide del museo descrivevano gli orrori commessi in quei luoghi e le sorelle Bucci completavano la narrazione con il loro vissuto. Era evidente dai loro volti che ogni frase faceva sanguinare di nuovo, in entrambe, le antiche ferite, come avviene a tutti noi quando rievochiamo le esperienze dolorose: "Noi dormivamo lì dentro, nella baracca dei bambini", "Davanti a quel filo spinato vedemmo la mamma nel campo per l'ultima volta", "Eravamo in quello spiazzo quando le SS portarono via nostro cugino Sergio. Il suo corpicino straziato fu ritrovato appeso a un gancio". Andra e Tatiana parlavano, gli studenti ascoltavano e si vedeva quasi fisicamente la Storia che usciva dalla bocca di quelle donne anziane ed entrava nella testa di quei ragazzi, come i racconti dei nonni che poi rimangono impressi nella mente dei nipoti per tutta la vita.
La visita, iniziata a Birkenau, terminò davanti alla camera a gas e ai forni crematori di Auschwitz, situati in un viale laterale che, in fondo, è chiuso da un muro. Gli studenti entrarono in quel basso edificio a gruppi e ne uscirono sopraffatti dall'emozione, molti piangevano.
Fu a quel punto che le guide indicarono il tetto di una palazzina in fondo al viale, dietro al muro. "In quella villa abitava Rudolf Hoss, il primo comandante di Auschwitz - spiegarono - E' il gerarca nazista che perfezionò l'uso del gas Zyklon per velocizzare il genocidio. Abitavano con lui la moglie e i cinque figli, conducendo una vita perfettamente normale mentre, al di qua del muro, milioni di persone venivano torturate e uccise".
Il contrasto fra la 'vita normale' condotta in quella villa e la terrificante realtà di Auschwitz mi colpì come un ceffone: fu la mia personale presa di coscienza che, di fronte al Male, l'indifferenza equivale al Male stesso.
Dopo la guerra, Hoss fu catturato e condannato a morte per crimini contro l'umanità. La sentenza fu eseguita il 16 aprile 1947 davanti ai forni crematori di Auschwitz, con la 'villa di famiglia' sullo sfondo. Mi ritrovai davanti a una fotografia di quell'impiccagione a Berlino, nel museo della Topografia del Terrore. Fissando quel cadavere appeso a una corda, trattenni a stento un moto di esultanza di cui ancora mi vergogno.
Qualche giorno fa ho visto "La zona di interesse", premiato con l'Oscar come miglior film straniero, e per me si è chiuso un cerchio. Il regista, Jonathan Glazer, ha ricostruito che cosa succedeva nella villa della famiglia Hoss, l'intimità quotidiana di quell'uomo, della moglie, dei figli: il nuovo impianto di riscaldamento contro il gelo dell'inverno, i fiori del giardino in primavera, le primizie nell'orto e le feste in piscina d'estate, tutto l'anno i giochi dei bambini, i pettegolezzi, le pellicce e i gioielli rubati ai deportati, le vanterie di Hoss sui suoi progressi nelle tecniche di uccisione di massa. Esistenze che scorrevano placidamente, facendo finta di non vedere il fumo denso che usciva dal camino del forno crematorio, di non sentire i colpi di fucile, l'abbaiare dei cani lupo, le urla agghiaccianti che, ogni tanto, arrivavano da dietro il muro.
Penso che, qualunque cosa sia realmente successa in quella casa, Glazer non avrebbe potuto rappresentarla meglio. E mi è profondamente dispiaciuto che questo regista cosí sensbile sia stato contestato per le sue dichiarazioni sulla nuova guerra nella Striscia di Gaza. "Il nostro film mostra dove porta la disumanizzazione nella sua forma peggiore - ha detto Glazer dal palco degli Oscar - Siamo qui come uomini che rifiutano che il loro essere ebrei e l’Olocausto diventino ostaggio di un’occupazione che ha portato al conflitto così tanti innocenti". Nel mio piccolo, anch'io rivendico il diritto di provare dolore e compassione sia per gli israeliani massacrati dai terroristi di Hamas che per i palestinesi massacrati dell'esercito di Netanyahu. Mi rifiuto anche solo di ipotizzare un primato o una classifica degli innocenti uccisi nelle guerre e negli attentati così come di assecondare chi pretende che ci si schieri da una parte o dall'altra, come i tifosi in uno stadio. Quel che sento non è facile pacifismo: è umanità.
Dopo quel primo viaggio sul treno della Regione Toscana, sono tornata ad Auschwitz e a Birkenau altre due volte per accompagnare amici e familiari. Poi ho convinto anche mio fratello e mio cognato ad andarci e mi sto dando da fare per portarci altri conoscenti. Il motivo è semplice: il tempo passa e i sopravvissuti all'Olocausto diventano sempre più vecchi, ogni anno ne muore qualcuno, fra non molto non ci saranno più testimoni diretti della Shoah; quindi in prima fila ci saremo noi, quelli che hanno avuto la possibilità di incontrarli e di ascoltare i loro atroci ricordi. Subito dopo, per estensione, ci saranno tutti quelli che hanno visitato i campi di sterminio. Basta metterci piede e si capisce subito: per cancellare dalla faccia della Terra quelle baracche, quelle celle, quel filo spinato bastano qualche ruspa e pochi giorni di lavoro. Quindi chiunque riesca a vedere con i propri occhi le prove del genocidio diventa a sua volta un testimone e un baluardo contro il negazionismo, le notizie manipolate, l'ignoranza, la disumanizzazione. Più siamo, meglio è.
Se potete, andate ad Auschwitz e a Birkenau o in qualunque altro luogo della Memoria. Fatelo anche se vi spaventa: quei posti sono uno schiaffo alla coscienza che si rivelerà un dono prezioso. Fatelo perchè quei posti vi faranno venire voglia di diventare persone migliori. O almeno, umanamente, di provarci.
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Blue Lama